© Giancarlo Guzzardi

lunedì 16 aprile 2007

L'Indio muore

“L’Indio muore” è un libro di Maurizio Leigheb uscito alla fine degli anni 70; una lucida analisi sulla condizione degli indios sudamericani, su cui all’epoca incombeva la minaccia di estinzione. A trent’anni di distanza, lungi dall’essere rientrato il rischio, queste popolazioni si dibattono tra l’eliminazione materiale dai territori in cui vivono e lo snaturamento d’identità in seguito all’approccio sempre più oppressivo e violento del “mondo civile”.
Tutto sommato queste popolazioni nella loro tragedia hanno goduto la fortuna di avere i riflettori di una parte del mondo occidentale puntati su di loro, quella di associazioni e ricercatori la cui vita è spesa nell’azione per la salvaguardia delle minoranze etniche.
Per lo più di popolazioni e tribù sparse nell’immensa selva amazzonica e Mato grosso si tratta, la cui odissea di sopravvivenza è iniziata ai tempi in cui queste regioni divennero colonie sotto il dominio delle corone di Spagna, Olanda, Portogallo, e non si è mai conclusa. Territori da saccheggiare in nome di altri dei, altre economie, altre civiltà.

Ma di altre culture già scomparse o in agonia, sterminate dalla presenza dell’uomo bianco, poco o nulla si è parlato. Tra le tante etnie sparse nelle selve, nei deserti e nelle savane dei cinque continenti, sicuramente un posto a se meritano gli indios patagonici, cancellati sulle loro terre già alla metà dell’800 e di cui solo pochi esploratori hanno potuto raccogliere testimonianze. Il paradosso è che queste popolazioni sono state annientate da altre popolazioni fuggiasche. Perché i coloni, sotto i cui colpi di carabina gli ultimi indios patagonici hanno finito i loro giorni, erano personaggi approdati su queste terre alla ricerca di lavoro, di fortuna, di salvezza, fuggiti dai loro paesi a causa di guerre, carestie, persecuzioni.
L’esistenza di grandi estensioni di territori scarsamente abitati (le popolazioni autoctone non rientravano in nessuna valutazione!) accendevano la speranza uomini in cerca di sopravvivenza e spingevano i governi ad offrire facile asilo a chiunque avesse voglia di colonizzare quelle solitudini. E i coloni arrivavano, spinti dalle difficoltà economiche e dai contrasti politici dei rispettivi paesi: immigrati tedeschi e svizzeri nell’area di Bariloche, inglesi e scozzesi nella provincia di Santa Cruz, gallesi, slavi e russi in quella di Chubut. Nella valle del Rio Negro s’insediarono invece italiani e spagnoli, mentre nel nord della Patagonia arrivarono i libanesi.
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Giancarlo

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