© Giancarlo Guzzardi

venerdì 30 marzo 2007

Yerba màte

Diverse sono le particolarità che caratterizzano l’Argentina e le comunità di argentini nel mondo, dalla passione per il gioco del calcio, all’asado, al tango; ma nessuna di queste riveste un ruolo così profondamente radicato nella vita sociale e nella cultura di questo popolo, come quella di preparare e sorbire il màte, in compagnia o nell’intimità di una casa, sul posto di lavoro o dovunque si trovino.
Màte deriva dal vocabolo quetchua “mati”, che vuol dire zucca e furono gli spagnoli a chiamare in questo modo la bevanda che presso i nativi era conosciuta con il nome di “caiguá”, mistura di “yerba”.
Secondo una antica leggenda degli indios Guaranì, le proprietà terapeutiche del màte sarebbero state manifestate loro direttamente da un dio. Gli indios si sarebbero stabiliti nelle foreste del Paraguay provenienti da un luogo situato oltre l’oceano. In questa nuova terra promessa il dio Pa’i Shume, alto, con gli occhi azzurri e la barba dorata, sarebbe sceso dal cielo per impartire al popolo gli insegnamenti religiosi e rivelare le qualità benefiche delle piante, in particolar modo della yerba màte. Pare che il màte sia una pianta con un alto potere nutrizionale, costituito dalla presenza di molte tra le vitamine necessarie all’organismo umano. In particolare una sostanza, nota col nome di “mateina”, sembra renderlo un efficace sostituto del tè e caffè, con ottimi risultati sul metabolismo umano. Nel territorio andino a cavallo tra Cile e Argentina, dove è oltremodo conosciuto ed usato seppur in misura modesta, il màte è considerato un eccellente rimedio per il soròche, il mal di montagna.


Oggi la zucca tradizionale è stata sostituita da moderni contenitori dai materiali più vari che, insieme alla bombilla, la cannuccia con filtro con il quale viene sorbito, costituiscono un utensile quotidiano dal quale un vero argentino non si allontana mai. La preparazione della bevanda e i suoi ingredienti sono semplicissimi: acqua ben calda e foglie di mate sminuzzate. In alcuni casi si aggiunge zucchero, anche se la tradizione vuole venga bevuto amargo.

Il màte è una bevanda conviviale, perché spesso consumata in compagnia. In qualunque contesto ci si trovi, da quello familiare a quello lavorativo o di svago, il rituale è tornarse en ronda: una sola “zucca” passata fra i presenti, che bevono a turno usando la stessa bombilla.

Le latitudini cambiano, ma i rituali nei quali le comunità, specie in un contesto di vita ardua, ritrovano la loro coesione, è identica.... in ogni sud del monto.


Giancarlo

lunedì 26 marzo 2007

Glaciar Moreno, Parco de Los Glaciares



Una dozzina di ghiacciai affacciano sul Lago Argentino, tentacoli della vasta calotta glaciale dello Hielo Sur Patagonico. E' questa la zona de Los Glaciares, il parco dei ghiacciai.




Sulle acque immobili del lago si riflettono le nuvole basse e gonfie che transitano nel cielo spinte dal vento patagonico, mentre iceberg simili a velieri senza timoniere vagano sulla superficie immobile dell'acqua con la loro tozza mole che nella luce diafana del giorno si accende di riflessi sempre cangianti, blu, verde, rosa.



Il Glaciar Moreno, il più fantasmagorico tra i ghiacciai, incide il panorama di morbide colline ricoperte di boschi, come un immenso fiume paralizzato nella morsa del gelo. La sua fronte, vero e proprio sbarramento di ghiacci, ha l’aspetto di una bizzarra fortificazione punteggiata di guglie e pinnacoli che si curvano, si contorcono, per franare poi rumorosamente nelle acque del lago, rompendo il silenzio irreale del luogo.

lunedì 19 marzo 2007

Agua

L’acqua è il mio elemento ed inconsapevolmente ha accompagnato questo mio cammino in Argentina. Fin dall’arrivo a Buenos Aires, nell’incontro col grande fiume, su cui la vita scorre lenta seguendo il ritmo delle piene. Poi l’incontro con il delta, dove due mondi cosi diversi, ma regolati dallo stesso unico elemento, formano un paesaggio straordinario.

In Patagonia è ancora acqua, quella che forma il Lago Argentino, che da vita ad incredibili ghiacciai che lentamente modellano il paesaggio. Acqua che si crea dallo scioglimento dei ghiacciai e che a sua volta forma torrenti turbinosi che tornano ancora al grande lago.

I pinguini, le balene ed i leoni marini. Acqua è il loro elemento naturale, salata certo, ma sempre acqua. E’ incredibile come una balena riesca a nuotare con grazie e leggerezza. I Pinguini, cosi goffi nel camminare, nell’acqua si tuffano e letteralmente volano. Una metafora abusata questa, ma quando vedi un pinguino tuffarsi nell’acqua non puoi non invidiarli. Riescono a vivere in due ambienti completamente diversi e a loro modo li dominano entrambi. Ed i Leoni marini, pesanti e sgraziati nel vederli crogiolarsi al sole sugli isolotti rocciosi, in acqua scivolano come se non avessero peso.


Alla fine del viaggio le cascate. E’ inconcepibile pensare che si tratta dello stesso maestoso fiume di Buenos Aires; il paesaggio intorno è avvolto in una nuvola di vapore e il rumore diventa cosi assordante da mutarsi in silenzio. Osservando le cascate dalle passerelle, dai sentieri o da qualsiasi percorso tu scelga, il rumore ed il vapore ti avvolgono in un tale frastuono che non riesci ad avvertire neanche più i tuoi pensieri, l’acqua li trascina via.

Adesso vorrei essere li, nel rumore e nel vapore: l’acqua trascinerebbe via i miei pensieri, giù fino al mare.
Sabrina Gerbino

giovedì 15 marzo 2007

Gauchos

"Come potevano sapere che i loro antenati
erano venuti su un mare,
come potevano sapere cosa sono un mare
e le sue acque.
Meticci dell'uomo bianco, lo stimarono poco,
meticci dell'uomo rosso gli furono nemici.
Molti di essi non avranno mai udito
la parola "gaucho"o l'avranno sentita come un'ingiuria.
Impararono le vie delle stelle,
le usanze del vento e dell'uccello,
le profezie delle nubi del Sude della luna alonata.
Furono pastori di bestie selvagge,
saldi sul cavallo del deserto, domato al mattino,
veloci a prendere il lazo,
marchiatori, mandriani, capiguardiani,
talvolta banditi,
qualcuno, quello che si ascoltava fu il payador.
Cantava senza fretta, perché l'alba tarda
a far chiaro,
e non alzava la voce."
Jorge Luis Borges

lunedì 12 marzo 2007

Punta Tombo, Chubut

Mare, rocce e cespugli spinosi. In mezzo a questo paesaggio arido vivono centinaia di pinguini di Magellano.




E’ finita la stagione degli amori; all’interno delle tane scavate nella terra, sotto i cespugli, le femmine covano le uova deposte qualche settimana prima.

venerdì 9 marzo 2007

Lago Argentino, Santa Cruz

Un'emozione profonda vissuta in silenzio e in solitudine


Non sempre ricordo l’emozione provata osservando un paesaggio, ma per il lago Argentino è diverso, ricordo esattamente cosa ho provato quando ho visto per la prima volta questo lago ed i suoi ghiacciai.
Lo ricordo bene perché ho pianto. E non è difficile da spiegare, perché in realtà il motivo è di una semplicità banale: come fai a vedere un posto cosi e a rimanere impassibile? Ti commuove, ti cambia, ti coinvolge, non riesci a guardarlo e basta!


Il lago è un posto strano, mostra contemporaneamente il lato tenero e quello duro della Patagonia. La durezza dei ghiacciai è mitigata dalla presenza del bosco tutt’intorno e da altre piante isolate, incredibili piccoli arbusti che crescono nonostante il clima rude, il freddo, il vento, la neve.


Sabrina

martedì 6 marzo 2007

Alla deriva. Lago Argentino, Santa Cruz

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“Dalla gente del Sud del mondo ho imparato che la tenerezza bisogna proteggerla con la durezza e che il dolore non può paralizzarci.”
Sepulveda, Le rose di Atacama

giovedì 1 marzo 2007

Il cuore nel mare - Ushuaia - Terra del Fuoco

Il Faro di Jules Verne - Porto S. Juan de Salvamento - Terra del Fuoco

In una conca racchiusa tra le cime innevate delle Ande fuegine, affacciata sul Canale Beagle, Ushuaia è l’ultimo avamposto della civiltà prima dell’Antartide.