tag:blogger.com,1999:blog-11002382408640574822024-03-13T19:02:50.055+01:00PatagoniaCambiano le forme dei monti, cambiano i colori della terra, cambiano le nuvole nel cielo, così le luci e le ombre che si muovono e ingoiano la pampa. Nel silenzio irreale il sibilo del vento porta con se l'eco di storie e leggende di uomini segnati nell'animo come la terra, riarsa e desolata. Poi cespugli spinosi, alberi scheletriti e ghiaccio, ghiaccio che cammina, si spacca, precipita e si dissolve. Nel riverbero impietoso del sole, il volo del condor disegna nell'aria spirali di morte.Unknownnoreply@blogger.comBlogger30125tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-68473744007286724232008-01-04T09:06:00.006+01:002012-01-05T10:39:23.561+01:00alma de Argentina<span style="font-size:78%;color:#ffffff;">.</span><div style=" color: rgb(51, 102, 102);font-family:verdana;" align="justify"><span style="font-size:100%;">Il nome <span style="color: rgb(204, 0, 0); font-weight: bold;font-size:130%;" >A</span>rgentina, dal latino <em>plateada</em> (che allude alla ricchezza attribuita dalla leggenda anche al fiume omonimo scoperto), lo usò per la prima volta il poeta Martín del Barco Centenera che nella sua opera: "Argentina e conquista del Rio della Plata (ed. Lisbona 1602) nella dedica dice "Questo trattato e libro lo intitolo all'Argentina dal nome del soggetto principale, che è il Rio della Plata"</span></div><div style=" color: rgb(51, 102, 102);font-family:verdana;" align="justify"><span style="font-size:100%;">Gli indigeni chiamavano questa terra: <em>Paranà-Guazù</em>, che significa: fiume-mare. <blockquote></blockquote></span></div><div style=" color: rgb(51, 102, 102);font-family:verdana;" align="justify"></div><div face="verdana" style=" color: rgb(51, 102, 102);" align="justify"><span style="font-size:100%;">El nombre Argentina, del latín <em>plateada</em> (que alude a la riqueza atribuída por la leyenda al ancho río descubierto), lo usó por primera vez el poeta Martín del Barco Centenera en su obra: “Argentina y conquista del Río de la Plata" (Lisboa 1602), que en la dedicatoria dice: ”Este tratado y libro lo intitulo y nombro Argentina tomando el nombre del sujeto principal, que es el Río de la Plata”.<br />Los indígenas llamaban a estas tierras: <em>Paraná–Guazú</em>, que significaba: río con mar.</span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-69975625886390110132007-10-12T11:55:00.001+02:002012-01-05T09:37:07.458+01:00il tragitto è tutto<div align="justify"><span style="color:#336666;"></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">Ci sono luoghi della mente, sospesi tra realtà e desiderio. Posti visitati, forse mai più rivisti o cercati e ritrovati, che in un modo o nell’altro trovano spazio nella mente e restano lì, in attesa, a volte per anni. Posti in cui si torna o si spera di tornare; comunque desiderati e che nel tempo diventano un simbolo in cui si catalizza tutto il resto dei pensieri e delle sensazioni. Luoghi ed emozioni interiori originati da un viaggio, un’esperienza, un evento, un incontro, più spesso semplicemente un ricordo, un ricordo di qualcosa che ci ha catturati ed è rimasto dentro di noi; un’immagine interiore come una visione impalpabile che ritorna nel tempo, alimentata da un odore, un taglio di luce, un suono, un particolare insignificante. <blockquote></blockquote></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">Un luogo non luogo, in cui la mèta del viaggio non ha importanza ed in cui il tragitto è tutto. </span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-89276254163830427362007-06-16T10:03:00.002+02:002013-03-09T20:39:12.516+01:00La Boca, tango... and a story<div align="justify">
<span style="color: #336666;">Il quartiere più suggestivo di Buenos Aires nelle parole e nelle immagini di <a href="http://www.pbase.com/silvia_marmori/tango" style="color: #351c75;"><i>Silvia Marmori</i></a>.</span><br />
<br />
"I am Argentine… I was born at Quilmes, a city on the Rio de la Plata, one of widest river in the world; so when I watch it I imagine to be in front to the sea.. just I have seagulls and birds, green trees and dark sand.. salty smell from sweet waters… The breeze brings feelings.. the tango, from the suburbs of the near Buenos Aires, fulfil my soul with melancholy.. with the wishes, with the dreams of those that were.. of those that are.. maybe with the silent hope of those that will be... "<br />
<span style="font-size: 0;"></span><br /></div>
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<span style="color: #999999;"> </span></div>
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<img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5076572111926091442" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RnObcGACXrI/AAAAAAAAAxM/IG29LDNSXRM/s400/la_boca.jpg" style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center;" /><span style="color: #999999;"> <span style="font-size: 85%;">photo by Sabrina Gerbino</span></span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-62538266842205940822007-05-25T12:16:00.000+02:002007-05-26T08:32:34.006+02:00le Cascate Iguaçu, il tuono che fuma<div align="justify"><span style="color:#336666;">Chi non ricorda la grande interpretazione di Robert De Niro nel film <em>Mission</em>, quando nel ruolo di un giovane e irruente hidalgo, gravato dall'immane peso di armi e peccati, tra spruzzi d'acqua, muschi e rocce viscide, sale una impossibile bastionata rocciosa che segnerà simbolicamente nel personaggio la sua morte e rinascita? Quel muro di rocce e di acqua erano nel film, e lo sono nella realtà, le <em>cascate Iguacù</em>: una barriera naturale tra l'altopiano amazzonico e il bacino del fiume Paranà. <blockquote></blockquote></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">Tra il 1608 ed il 1767 era questa terra di missioni, un lembo di territorio incuneato tra i fiumi <em>Paranà</em> ed <em>Uruguay</em>, dove missionari gesuiti, armati solo della fede e di un grande coraggio, tentarono un disperato "esperimento" con la creazione e organizzazione di comunità tra gli <em>Indios Guaranì</em>, per strappare questa gente all'umiliazione, alle razzie e alla brutalità dei regni di Spagna e Portogallo che si erano spartiti quei territori. Questo esperimento e le relative "reduciones", così furono chiamati i villaggi, ebbero un triste ed amaro epilogo. Il film ne ripercorre in sintesi le vicende.</span></div><br /><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RlfR_X391hI/AAAAAAAAAvE/NstauHpvm7I/s1600-h/iguazu_3.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5068750792299501074" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RlfR_X391hI/AAAAAAAAAvE/NstauHpvm7I/s400/iguazu_3.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><span style="color:#336666;">Proprio gli Indios Guaranì tramandano una leggenda che racconta l'origine delle cascate. Questi indios, che ancora oggi lottano per sopravvivere sulle loro terre, considerano le cascate come opera del loro <em>Dio Serpente</em>, signore del mondo.<br />La leggenda narra di <em>Naipi</em>, la bellissima figlia di un capotribù, così bella da essere destinata ad essere sposa di <em>M'Boy</em>, il Dio Serpente e a servirlo in cambio di protezione, prosperità e ricchezza per l'intero villaggio. Ma l'amore scocca i suoi pericolosi strali anche nel riverbero verde della foresta pluviale, dove la bella Naipi si innamora perdutamente di un giovane guerriero. Rompendo il patto che la lega con devozione al dio, la giovane dagli occhi scuri e dai capelli colore del cocco, fugge con il suo amato nella selva, lungo il fiume. Quando Dio Serpente scopre il gesto di Naipi è travolto dall'ira e per vendicarsi con la sua enorme coda crea una spaccatura nella roccia, facendovi precipitare il fiume, insieme ai due giovani innamorati, trasformando così Naipi in una roccia ai piedi della cascata ed il suo innamorato in una palma sospesa per sempre sul bordo dell'abisso.</span></div><br /><br /><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RlfR2X391gI/AAAAAAAAAu8/j_n0-MbkSqI/s1600-h/iguazu_2.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5068750637680678402" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RlfR2X391gI/AAAAAAAAAu8/j_n0-MbkSqI/s400/iguazu_2.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><span style="color:#336666;">Per la geologia la morfogenesi delle cascate è meno romantica: 120 milioni di anni fa, nel <em>Cretaceo</em>, lo scoscendimento fu originato dall’apertura di una larga e profonda fenditura nella crosta terreste. Le imponenti cascate sono invece costituite dalla confluenza del <em>Rio Paranà</em> con il <em>Rio Iguacù</em>. Quest’ultimo, dopo aver percorso centinaia di chilometri nell'impenetrabile selva, si apre in un ampio semicerchio gettandosi nel vuoto, formando circa 350 salti d’acqua, con una portata di 1550 metri cubi al secondo, prima di ricongiungersi al Rio Paranà. Qui, tra arcobaleni, grandi farfalle multicolori e una fitta vegetazione, il fiume largo circa quattro chilometri, continua la sua placida discesa verso il mare. <blockquote></blockquote></span><span style="font-size:85%;color:#999999;"><em>giancarlo<br /></em></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-8744657466309736232007-05-05T08:34:00.001+02:002012-01-05T09:30:38.328+01:00Penisola Valdes, Chubut<div align="justify"><span style="color:#336666;">Un lembo di deserto che affaccia sui flutti dell’Atlantico e precipita nelle onde oceaniche, fra ripide scogliere popolate da colonie di leoni ed elefanti marini. Poco più a sud, il silenzioso passaggio delle balene franco-australi.</span></div><br /><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rjwl1FqS0rI/AAAAAAAAAss/bdWqwB2xEbQ/s1600-h/balena_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5060961675240460978" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rjwl1FqS0rI/AAAAAAAAAss/bdWqwB2xEbQ/s400/balena_web.jpg" border="0" /></a><br /><br /><a href="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RjwloVqS0qI/AAAAAAAAAsk/PikaPvwUG7I/s1600-h/leoni_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5060961456197128866" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RjwloVqS0qI/AAAAAAAAAsk/PikaPvwUG7I/s400/leoni_web.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#336666;">Nel cielo tempestoso, tra le nuvole gonfie di pioggia, il volo maestoso degli ultimi condor.<br /><br /><span style="font-style: italic; color: rgb(153, 153, 153);">Giancarlo</span><br /></span>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-42495148018766507402007-04-24T08:37:00.001+02:002012-01-05T09:22:07.551+01:00Odori<div align="justify"><span style="color:#336666;">I miei ricordi sono legati alle percezioni più che alle immagini, a volte possono diventare odori, altre colori o sapori. È sempre stato cosi, non sono molto fisionomista, spesso dimentico il volto ma raramente il profumo di una persona. Anche per i paesaggi è cosi, dimentico facilmente nomi e date, ma non scordo quasi mai l’odore che ho sentito arrivando per la prima volta in posto, i colori, il sapore di una nuova cucina, l’impressione ricevuta da genti nuove incontrate.<br /><br /> <em>Buenos Aires</em> è una grande città e porta con se tutti gli odori e i rumori tipici di una metropoli, ma camminando per le vie al mattino presto, il silenzio prende il posto del rumore e gli odori sono quelli del pane caldo, di <em>dulce de lece</em>, di fuoco e legna bruciata.<br /><br /> Ad <em>Ushuaia</em> c’è odore di mare, il vento profuma di freddo, di umido e terra dei boschi circostanti; i sapori sanno di pesca, di sale e brodo caldo. Un poco più su, quando incontri i ghiacciai, ti accorgi che anche il ghiaccio ha un suo profumo, secco e pungente ed il silenzio è intervallato dai boati assordanti causati dal ghiaccio che si spacca per tornare a fluire nell’acqua.<br /><br /> In Patagonia, e in Argentina in genere, l’odore di legna bruciata e carne arrosto è il sottofondo naturale del viaggio, sempre presente; assume sfumature di volta in volta diverse mescolandosi al profumo del mare, del bestiame e dei mandriani. Ed ancora più a nord il vapore delle cascate trasporta anch’esso odore di muschio, fiori, terra bruciata ed ancora legna e carne alla brace, mescolati ad un effluvio dolciastro che sa di frutta tropicale. E così gli uomini; profumano di sigaro, cenere, dulce de lece, carne arrosto, pesce e sale, cavalli e pecore, a seconda di dove si trovino e che vita facciano. Può sembrare sgradevole, ma nell’insieme è un odore indimenticabile.</span></div><div align="justify"><blockquote><div align="justify"> </div></blockquote><span style="font-size:85%;color:#999999;"><em>Sabrina Gerbino<br /></em></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-46809270070516063412007-04-20T08:38:00.001+02:002012-01-05T09:20:31.483+01:00Il popolo Mapuche<a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RihgKojuVoI/AAAAAAAAAqM/A5xeRA6prcQ/s1600-h/mapuche.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5055396317525595778" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RihgKojuVoI/AAAAAAAAAqM/A5xeRA6prcQ/s400/mapuche.jpg" border="0" /></a><br /><p><strong><em><span style="color:#009900;"></span></em></strong></p><div align="center"></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-17000811826215064022007-04-19T08:32:00.000+02:002007-04-19T08:49:56.698+02:00Falò e grandi piedi<span style="color:#ffffff;">.</span><br /><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RicOEIjuVkI/AAAAAAAAAps/JAowbHQiVYc/s1600-h/carta_geo.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5055024570926257730" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RicOEIjuVkI/AAAAAAAAAps/JAowbHQiVYc/s400/carta_geo.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><span style="color:#336666;">Si è dissertato a lungo anche sull’origine del nome <em>Patagonia</em>, ma ogni argomentazione resta semplice supposizione. Forse è stato lo stesso Magellano a chiamare questi indios <em>Patagònes</em>, cioè <em>uomini dai</em> <em>grandi piedi</em>, anche se l’etimo del nome è incerto; ma considerando quando descritto da altri esploratori dopo di lui, la struttura e la possanza fisica di questa razza, con una statura media sul metro e ottanta di altezza, si può rilevare di non essere di fronte solo a dicerie senza fondamento, quando ancora per gli europei il mondo oltre le <em>colonne d’Ercole</em> era un territorio non ben definito popolato da mostri, draghi e strane creature marine. D'altronde proprio nel XVI secolo alcuni romanzi cavallereschi si soffermano sulla figura di una creatura mostruosa chiamata <em>Grand Patagon</em>. Il termine del greco antico <em>patagòs</em>, che suonerebbe come “muggito” o stridore di denti, potrebbe collegarsi invece all’idioma di queste popolazioni, carico di suoni duri o piuttosto a comportamenti e a mimiche facciali particolari.</span><br /></div><br /><br /><a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RicN44juVjI/AAAAAAAAApk/REb2UMuEz44/s1600-h/Ona_2.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5055024377652729394" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RicN44juVjI/AAAAAAAAApk/REb2UMuEz44/s400/Ona_2.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RicNuIjuViI/AAAAAAAAApc/Hg0GGkEmx6g/s1600-h/shamana.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5055024192969135650" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RicNuIjuViI/AAAAAAAAApc/Hg0GGkEmx6g/s400/shamana.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#cc0000;"><strong>Lola Loij</strong>, la última Ona, en 1923. Falleció en 1974. </span></div><div align="center"><span style="color:#cc0000;">Con ella desapareció de la tierra un pueblo ancestral. <blockquote></blockquote></span><br /><br /><span style="font-size:85%;color:#666666;"></span></div><div align="justify"><span style="font-size:85%;color:#666666;"><em>Giancarlo <blockquote></blockquote></em></span></div><div align="justify"><em><span style="font-size:85%;color:#666666;"></span></em></div><div align="center"><span style="font-size:85%;color:#ff6600;">Si ringrazia la <a href="http://www.limbos.org/sur/elsur.htm"><em><span style="color:#3366ff;">Casilla do Sur</span></em> </a>per le immagini d'archivio</span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-35691510184694171312007-04-18T08:31:00.000+02:002007-04-18T10:48:55.496+02:00Desaparecidos antelitteram<div align="justify"><span style="color:#336666;">Nelle cronache dei primi esploratori la Terra del Fuoco veniva descritta come un luogo desolato ed inospitale abitato da selvaggi cannibali, di cui si metteva in dubbio anche l’appartenenza alla razza umana. Le tribù con cui gli europei ebbero il loro primo approccio erano quelle degli Ona, degli Yaghan, degli Alakaluf, discendenti delle popolazioni asiatiche che nell’ultima glaciazione avevano attraversato lo <em>Stretto di Bering</em> e nel corso dei millenni si erano spinte sempre più a sud, fino a raggiungere l’estremo lembo del continente americano.<br /></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"><blockquote><span style="color:#336666;"></span></blockquote>Una razza forte, temprata dagli elementi della natura. Vivevano praticamente nudi, facendo uso solo di pellicce di animali selvatici che all’occorrenza fungevano da riparo, coperta o mantello. Probabilmente la vista lungo le coste scoscese dei falò con cui si scaldavano, concorse a creare il nome Terra del Fuoco. Tra gli anni venti e sessanta del ‘900 le statistiche descrivono queste tribù ormai prossime all’estinzione, prima che alcune epidemie di morbillo falciassero le vite delle ultime diecine di superstiti. Le malattie portate dall'<em>uomo bianco, </em>prima sconosciute a queste popolazioni e l'uso dell'alcool favorito da mercanti privi di scrupoli, contribuirono a segnare il destino di quanti erano sfuggiti ad una morte più violenta. Quello che resta oggi di queste popolazioni, sono solo discendenti di sangue misto.</span></div><br /><a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiW7gnbF8kI/AAAAAAAAAos/Y0eoBLFRQ0w/s1600-h/Alakaluf.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5054652325806076482" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiW7gnbF8kI/AAAAAAAAAos/Y0eoBLFRQ0w/s400/Alakaluf.jpg" border="0" /></a><br /><blockquote></blockquote><br /><a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiW7ZnbF8jI/AAAAAAAAAok/oyl4bXTbWjI/s1600-h/Ona.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5054652205546992178" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiW7ZnbF8jI/AAAAAAAAAok/oyl4bXTbWjI/s400/Ona.jpg" border="0" /></a><span style="font-size:85%;color:#999999;">segue</span><br /><span style="font-size:85%;color:#999999;"></span><br /><p align="center"><span style="font-size:85%;color:#ff6600;">si ringrazia <a href="http://www.limbos.org/sur/elsur.htm"><em>Casilla do Sur</em> </a> per le immagini d'archivio</span></p><p align="center"></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-78344209603289916482007-04-17T08:27:00.000+02:002007-04-17T09:08:32.223+02:00Gli Indios patagonici<span style="color:#336666;">Nell’intera Patagonia argentina erano presenti numerose popolazioni aborigene, tra cui i <em>Mapuche</em>, i <em>Tehuelche</em>, gli <em>Ona</em>, gli <em>Haush</em>, gli <em>Alakaluf</em>, gli <em>Yamana</em>, per parlare dei ceppi più importanti per consistenza numerica. Gran parte di queste etnie oggi non esistono più, gli ultimi sopravvissuti in cattività, abbrutiti dalla fame, dalle malattie e ridotti ad ombre di se stessi, sono morti a meta del ‘900. Di loro restano solo fotografie e qualche cimelio, raccolti da esploratori che si erano spinti a queste latitudini con una diversa indole.<br />Sopravvivono oggi solo discendenti dei Tehuelche ed i Mapuche, nelle aree più a nord della Patagonia, perchè a soccombere sono state proprio le tribù che abitavano le terre a ridosso dello <em>Stretto di Magellano</em> e della Terra del Fuoco, dove la natura inospitale rendeva il tenore di vita già duro di per se.<br /><br /></span><span style="color:#336666;"><blockquote></blockquote></span><p><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5054280079338388402" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiRo9BRMO7I/AAAAAAAAAoU/FI8GZ2oiBss/s400/Tehuelche.jpg" border="0" /><br /><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiRo0RRMO6I/AAAAAAAAAoM/_zO5N-zLcHA/s1600-h/Yamana.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5054279929014533026" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiRo0RRMO6I/AAAAAAAAAoM/_zO5N-zLcHA/s400/Yamana.jpg" border="0" /></a><em><span style="color:#666666;"></span></em> </p><blockquote></blockquote><blockquote></blockquote><p align="center"></p><p align="center"><span style="color:#ffffff;">.</span></p><p align="center">visita il sito sui <span style="color:#006600;"><strong><em>Popoli <span style="color:#999999;">della</span> <span style="color:#ff6600;">Terra</span></em></strong></span></p><p align="justify"><a href="http://www.peuples.org/wpp/"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5054283420822944706" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiRr_hRMO8I/AAAAAAAAAoc/lqB7zAG0BC4/s400/tete.jpg" border="0" /></a><br /><em><span style="color:#666666;">Giancarlo</span></em></p><p align="center"><span style="font-size:85%;color:#ff6600;">si ringrazia <a href="http://www.limbos.org/sur/elsur.htm"><em>Casilla do Sur</em></a> per le immagini d'archivio</span></p><p align="justify"><span style="font-size:85%;"><span style="color:#999999;">segue</span></span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-37734841631571425572007-04-16T08:56:00.000+02:002007-04-17T08:49:06.259+02:00L'Indio muore<div align="justify"><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiMeQxRMO3I/AAAAAAAAAn0/DW3KSZLP4Jo/s1600-h/mapuche_1.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5053916480292010866" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RiMeQxRMO3I/AAAAAAAAAn0/DW3KSZLP4Jo/s400/mapuche_1.jpg" border="0" /></a><span style="color:#339999;"> <blockquote><span style="color:#339999;"></span></blockquote></span><span style="color:#336666;">“L’Indio muore” è un libro di Maurizio Leigheb uscito alla fine degli anni 70; una lucida analisi sulla condizione degli indios sudamericani, su cui all’epoca incombeva la minaccia di estinzione. A trent’anni di distanza, lungi dall’essere rientrato il rischio, queste popolazioni si dibattono tra l’eliminazione materiale dai territori in cui vivono e lo snaturamento d’identità in seguito all’approccio sempre più oppressivo e violento del “mondo civile”.<br />Tutto sommato queste popolazioni nella loro tragedia hanno goduto la fortuna di avere i riflettori di una parte del mondo occidentale puntati su di loro, quella di associazioni e ricercatori la cui vita è spesa nell’azione per la salvaguardia delle minoranze etniche.<br />Per lo più di popolazioni e tribù sparse nell’immensa selva amazzonica e Mato grosso si tratta, la cui odissea di sopravvivenza è iniziata ai tempi in cui queste regioni divennero colonie sotto il dominio delle corone di Spagna, Olanda, Portogallo, e non si è mai conclusa. Territori da saccheggiare in nome di altri dei, altre economie, altre civiltà.<br /><br />Ma di altre culture già scomparse o in agonia, sterminate dalla presenza dell’uomo bianco, poco o nulla si è parlato. Tra le tante etnie sparse nelle selve, nei deserti e nelle savane dei cinque continenti, sicuramente un posto a se meritano gli indios patagonici, cancellati sulle loro terre già alla metà dell’800 e di cui solo pochi esploratori hanno potuto raccogliere testimonianze. Il paradosso è che queste popolazioni sono state annientate da altre popolazioni fuggiasche. Perché i coloni, sotto i cui colpi di carabina gli ultimi indios patagonici hanno finito i loro giorni, erano personaggi approdati su queste terre alla ricerca di lavoro, di fortuna, di salvezza, fuggiti dai loro paesi a causa di guerre, carestie, persecuzioni.<br />L’esistenza di grandi estensioni di territori scarsamente abitati (le popolazioni autoctone non rientravano in nessuna valutazione!) accendevano la speranza uomini in cerca di sopravvivenza e spingevano i governi ad offrire facile asilo a chiunque avesse voglia di colonizzare quelle solitudini. E i coloni arrivavano, spinti dalle difficoltà economiche e dai contrasti politici dei rispettivi paesi: immigrati tedeschi e svizzeri nell’area di <em>Bariloche</em>, inglesi e scozzesi nella provincia di Santa Cruz, gallesi, slavi e russi in quella di Chubut. Nella <em>valle del Rio Negro</em> s’insediarono invece italiani e spagnoli, mentre nel nord della Patagonia arrivarono i libanesi. </span></div><span style="color:#339999;"><blockquote><span style="color:#339999;"></span></blockquote><div align="justify"><em><span style="font-size:85%;color:#666666;">segue</span></em></div><div align="justify"><span style="color:#999999;"><em><blockquote><span style="color:#999999;"><em></em></span></blockquote>Giancarlo</em></span><br /></div></span>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-19895427010425899692007-04-04T09:23:00.002+02:002012-01-05T09:18:14.927+01:00Un ricordo intenso<div align="justify"><span style="color:#336666;">Durante il mio viaggio in Argentina ho bevuto il màte due volte. È stato stranissimo: due esperienze completamente diverse.<br />La prima vola che ho incontrato la “zucca” ero sul pulmino che mi portava a <em>Punta Tombo</em> per vedere i pinguini. Pur non soffrendo il mal d’auto, tre ore di sterrato in mezzo al nulla incominciavano a minare il mio stomaco. L’autista e il suo assistente stavano preparando il màte; incredibile come riescano a non versarsi addosso l’acqua bollente e a bere màte in qualsiasi momento! Forse il pallore della mia faccia o la curiosità con cui li guardavo hanno fatto il resto: due minuti dopo stavo bevendo da una zucca una strana bevanda amara e, con tutto il rispetto, non troppo gradevole, utilizzando una strana cannuccia comunitaria.<br />Non ho chiesto molto su questa tradizione, ma mi sentivo parte di un rituale “diverso”, o forse così mi piaceva pensare. La cosa più strana erano le facce degli altri viaggiatori, quasi tutti schifati, ma a dire il vero in quel momento è stata l’ultima cosa a cui ho pensato.</span></div><br /><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RhNSo1B0HrI/AAAAAAAAAlo/3y-9241CGw4/s1600-h/iguazu-5_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5049470468595392178" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RhNSo1B0HrI/AAAAAAAAAlo/3y-9241CGw4/s400/iguazu-5_web.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><span style="color:#336666;">Forse la prima volta non si scorda mai, ma in questo caso non dimenticherò neppure la seconda. Ero alle <em>cascate di Iguazù</em>, sul lato argentino e pioveva come non avevo mai visto in vita mia. La maggior parte dei turisti se ne stava rintanata nei bar, ma siccome l’acqua è il mio elemento, con un sano pizzico di incoscienza mi aggiravo nel parco, su e giù per le passerelle vuote e scivolose. Ormai ero talmente bagnata che ripararmi non sarebbe servito a nulla.<br />Seduta su una passerella con i piedi penzoloni nel vuoto, contemplavo le cascate: riescono ad essere incredibili anche in un giorno cosi inclemente! All’improvviso mi sento chiamare, mi volto ed un gruppetto di guide del parco, in pausa forzata, mi offrono un sorso della loro mistura.<br />Sarà stato il freddo, la pioggia o la vicinanza del caldo Brasile, ma quel màte risultava essere completamente diverso da quello assaggiato a Punta Tombo: era dolciastro, con un retrogusto di frutta.<br /><br />In definitiva non posso dire che il màte sia stata la cosa più gradevole che abbia gustato in Argentina, ma sicuramente è uno dei ricordi più intensi che ho di questo paese.</span></div><div align="justify"><span style="font-size:85%;color:#999999;"><em><blockquote><span style="font-size:85%;color:#999999;"><em></em></span></blockquote>Sabrina</em></span><span style="color:#336666;"> <span style="color: rgb(153, 153, 153); font-style: italic;">Gerbino</span><br /></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-26175604141481290752007-03-30T08:47:00.001+02:002012-01-05T09:15:39.862+01:00Yerba màte<div align="justify"><span style="color:#336666;">Diverse sono le particolarità che caratterizzano l’Argentina e le comunità di argentini nel mondo, dalla passione per il gioco del calcio, all’asado, al tango; ma nessuna di queste riveste un ruolo così profondamente radicato nella vita sociale e nella cultura di questo popolo, come quella di preparare e sorbire il màte, in compagnia o nell’intimità di una casa, sul posto di lavoro o dovunque si trovino.<br /><blockquote></blockquote>Màte deriva dal vocabolo quetchua “mati”, che vuol dire zucca e furono gli spagnoli a chiamare in questo modo la bevanda che presso i nativi era conosciuta con il nome di “caiguá”, mistura di “yerba”.<br /><blockquote></blockquote>Secondo una antica leggenda degli indios Guaranì, le proprietà terapeutiche del màte sarebbero state manifestate loro direttamente da un dio. Gli indios si sarebbero stabiliti nelle foreste del Paraguay provenienti da un luogo situato oltre l’oceano. In questa nuova terra promessa il dio Pa’i Shume, alto, con gli occhi azzurri e la barba dorata, sarebbe sceso dal cielo per impartire al popolo gli insegnamenti religiosi e rivelare le qualità benefiche delle piante, in particolar modo della yerba màte. Pare che il màte sia una pianta con un alto potere nutrizionale, costituito dalla presenza di molte tra le vitamine necessarie all’organismo umano. In particolare una sostanza, nota col nome di “mateina”, sembra renderlo un efficace sostituto del tè e caffè, con ottimi risultati sul metabolismo umano. Nel territorio andino a cavallo tra Cile e Argentina, dove è oltremodo conosciuto ed usato seppur in misura modesta, il màte è considerato un eccellente rimedio per il soròche, il mal di montagna. </span></div><br /><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RhCoAModITI/AAAAAAAAAko/Xg2gQCaI_9M/s1600-h/mate.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5048719903626699058" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RhCoAModITI/AAAAAAAAAko/Xg2gQCaI_9M/s400/mate.jpg" border="0" /></a> <span style="color:#336666;"><br />Oggi la zucca tradizionale è stata sostituita da moderni contenitori dai materiali più vari che, insieme alla <em>bombilla</em>, la cannuccia con filtro con il quale viene sorbito, costituiscono un utensile quotidiano dal quale un vero argentino non si allontana mai. La preparazione della bevanda e i suoi ingredienti sono semplicissimi: acqua ben calda e foglie di mate sminuzzate. In alcuni casi si aggiunge zucchero, anche se la tradizione vuole venga bevuto <em>amargo</em>.<br /><br />Il màte è una bevanda conviviale, perché spesso consumata in compagnia. In qualunque contesto ci si trovi, da quello familiare a quello lavorativo o di svago, il rituale è <em>tornarse en ronda</em>: una sola “zucca” passata fra i presenti, che bevono a turno usando la stessa bombilla.<br /><br />Le latitudini cambiano, ma i rituali nei quali le comunità, specie in un contesto di vita ardua, ritrovano la loro coesione, è identica.... in ogni sud del monto.</span><br /><div align="justify"><span style="font-size:85%;color:#666666;"><br /><blockquote><span style="font-size:85%;color:#666666;"></span></blockquote>Giancarlo</span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-54079500004760183532007-03-26T08:25:00.000+02:002007-03-27T08:29:07.228+02:00Glaciar Moreno, Parco de Los Glaciares<div align="justify"><a href="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RgdnrooCPUI/AAAAAAAAAj8/LihwNunNjcw/s1600-h/moreno_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5046115906829303106" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RgdnrooCPUI/AAAAAAAAAj8/LihwNunNjcw/s400/moreno_web.jpg" border="0" /></a><br /><br /><span style="color:#336666;">Una dozzina di ghiacciai affacciano sul Lago Argentino, tentacoli della vasta calotta glaciale dello <em>Hielo Sur Patagonico</em>. E' questa la zona de <em>Los Glaciares</em>, il parco dei ghiacciai.<br /></span><br /><br /><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RgdnjIoCPTI/AAAAAAAAAj0/Zlou5rB8rjo/s1600-h/moreno_2_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5046115760800415026" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RgdnjIoCPTI/AAAAAAAAAj0/Zlou5rB8rjo/s400/moreno_2_web.jpg" border="0" /></a><span style="color:#336666;"></span><br /><span style="color:#336666;"></span><br /><span style="color:#336666;">Sulle acque immobili del lago si riflettono le nuvole basse e gonfie che transitano nel cielo spinte dal vento patagonico, mentre iceberg simili a velieri senza timoniere vagano sulla superficie immobile dell'acqua con la loro tozza mole che nella luce diafana del giorno si accende di riflessi sempre cangianti, blu, verde, rosa.<br /></span><br /><br /><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RgdnYIoCPSI/AAAAAAAAAjs/9Nkjrzc2O4E/s1600-h/moreno_3_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5046115571821853986" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RgdnYIoCPSI/AAAAAAAAAjs/9Nkjrzc2O4E/s400/moreno_3_web.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#336666;">Il <em>Glaciar Moreno</em>, il più fantasmagorico tra i ghiacciai, incide il panorama di morbide colline ricoperte di boschi, come un immenso fiume paralizzato nella morsa del gelo. La sua fronte, vero e proprio sbarramento di ghiacci, ha l’aspetto di una bizzarra fortificazione punteggiata di guglie e pinnacoli che si curvano, si contorcono, per franare poi rumorosamente nelle acque del lago, rompendo il silenzio irreale del luogo.</span> </div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-16087522693484388672007-03-19T08:40:00.001+01:002012-01-05T09:13:39.363+01:00Agua<div align="justify"><span style="color:#336666;">L’acqua è il mio elemento ed inconsapevolmente ha accompagnato questo mio cammino in Argentina. Fin dall’arrivo a Buenos Aires, nell’incontro col grande fiume, su cui la vita scorre lenta seguendo il ritmo delle piene. Poi l’incontro con il delta, dove due mondi cosi diversi, ma regolati dallo stesso unico elemento, formano un paesaggio straordinario.<br /><br />In Patagonia è ancora acqua, quella che forma il Lago Argentino, che da vita ad incredibili ghiacciai che lentamente modellano il paesaggio. Acqua che si crea dallo scioglimento dei ghiacciai e che a sua volta forma torrenti turbinosi che tornano ancora al grande lago.<br /><br />I pinguini, le balene ed i leoni marini. Acqua è il loro elemento naturale, salata certo, ma sempre acqua. E’ incredibile come una balena riesca a nuotare con grazie e leggerezza. I Pinguini, cosi goffi nel camminare, nell’acqua si tuffano e letteralmente volano. Una metafora abusata questa, ma quando vedi un pinguino tuffarsi nell’acqua non puoi non invidiarli. Riescono a vivere in due ambienti completamente diversi e a loro modo li dominano entrambi. Ed i Leoni marini, pesanti e sgraziati nel vederli crogiolarsi al sole sugli isolotti rocciosi, in acqua scivolano come se non avessero peso.</span></div><br /><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rf4-k-MFChI/AAAAAAAAAig/wn6ND8WvUMI/s1600-h/iguazu_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5043537437591407122" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rf4-k-MFChI/AAAAAAAAAig/wn6ND8WvUMI/s400/iguazu_web.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><span style="color:#336666;">Alla fine del viaggio le cascate. E’ inconcepibile pensare che si tratta dello stesso maestoso fiume di Buenos Aires; il paesaggio intorno è avvolto in una nuvola di vapore e il rumore diventa cosi assordante da mutarsi in silenzio. Osservando le cascate dalle passerelle, dai sentieri o da qualsiasi percorso tu scelga, il rumore ed il vapore ti avvolgono in un tale frastuono che non riesci ad avvertire neanche più i tuoi pensieri, l’acqua li trascina via.<br /><br />Adesso vorrei essere li, nel rumore e nel vapore: l’acqua trascinerebbe via i miei pensieri, giù fino al mare. </span></div><div align="justify"><blockquote></blockquote><span style="color:#666666;">Sabrina Gerbino</span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-82298019895345598722007-03-15T08:28:00.000+01:002007-03-15T08:34:00.107+01:00Gauchos<a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rfj1vlvOzVI/AAAAAAAAAiY/z9MChLditEQ/s1600-h/Gaucho.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5042049980774141266" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rfj1vlvOzVI/AAAAAAAAAiY/z9MChLditEQ/s400/Gaucho.jpg" border="0" /></a> <div align="justify"></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">"Come potevano sapere che i loro antenati</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">erano venuti su un mare,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">come potevano sapere cosa sono un mare</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">e le sue acque.<br />Meticci dell'uomo bianco, lo stimarono poco,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">meticci dell'uomo rosso gli furono nemici.</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">Molti di essi non avranno mai udito</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">la parola "gaucho"o l'avranno sentita come un'ingiuria.<br />Impararono le vie delle stelle,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">le usanze del vento e dell'uccello,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">le profezie delle nubi del Sude della luna alonata.<br />Furono pastori di bestie selvagge,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">saldi sul cavallo del deserto, domato al mattino,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">veloci a prendere il lazo,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">marchiatori, mandriani, capiguardiani,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">talvolta banditi,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">qualcuno, quello che si ascoltava fu il <em>payador</em>.<br />Cantava senza fretta, perché l'alba tarda</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">a far chiaro,</span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">e non alzava la voce."</span></div><div align="justify"><blockquote><div align="justify"><span style="font-size:85%;color:#666666;">Jorge Luis Borges</span></div></blockquote></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-80926993179458309512007-03-12T08:39:00.000+01:002007-03-12T08:44:07.377+01:00Punta Tombo, Chubut<div align="justify"><span style="color:#336666;">Mare, rocce e cespugli spinosi. In mezzo a questo paesaggio arido vivono centinaia di <em>pinguini di Magellano. </em></span></div><br /><a href="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfUENFvOzKI/AAAAAAAAAhA/aSr6PHS7lWs/s1600-h/pinguini_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5040939980836228258" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfUENFvOzKI/AAAAAAAAAhA/aSr6PHS7lWs/s400/pinguini_web.jpg" border="0" /></a><br /><div></div><br /><div align="justify"><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfUD_lvOzJI/AAAAAAAAAg4/t-7gSth3ltU/s1600-h/pinguini_2_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5040939748907994258" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfUD_lvOzJI/AAAAAAAAAg4/t-7gSth3ltU/s400/pinguini_2_web.jpg" border="0" /></a><br /><div></div><span style="color:#336666;">E’ finita la stagione degli amori; all’interno delle tane scavate nella terra, sotto i cespugli, le femmine covano le uova deposte qualche settimana prima.<br /></span><br /><div><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfUD01vOzII/AAAAAAAAAgw/hBphTdwSdEA/s1600-h/pinguini_3_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5040939564224400514" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfUD01vOzII/AAAAAAAAAgw/hBphTdwSdEA/s400/pinguini_3_web.jpg" border="0" /></a> </div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-65043292203427178682007-03-09T08:22:00.000+01:002007-03-09T08:29:45.238+01:00Lago Argentino, Santa CruzUn'emozione profonda vissuta in silenzio e in solitudine<br /><br /><div align="justify"><a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfEL1z5stRI/AAAAAAAAAgo/d5eIJ_O7-6E/s1600-h/ice_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5039822477097481490" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfEL1z5stRI/AAAAAAAAAgo/d5eIJ_O7-6E/s400/ice_web.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#336666;">Non sempre ricordo l’emozione provata osservando un paesaggio, ma per il lago Argentino è diverso, ricordo esattamente cosa ho provato quando ho visto per la prima volta questo lago ed i suoi ghiacciai.<br />Lo ricordo bene perché ho pianto. E non è difficile da spiegare, perché in realtà il motivo è di una semplicità banale: come fai a vedere un posto cosi e a rimanere impassibile? Ti commuove, ti cambia, ti coinvolge, non riesci a guardarlo e basta!<br /></span><br /><div align="justify"><a href="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfELtj5stQI/AAAAAAAAAgg/ypEvXRC_0t0/s1600-h/ghiacciaio_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5039822335363560706" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfELtj5stQI/AAAAAAAAAgg/ypEvXRC_0t0/s400/ghiacciaio_web.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#336666;">Il lago è un posto strano, mostra contemporaneamente il lato tenero e quello duro della Patagonia. La durezza dei ghiacciai è mitigata dalla presenza del bosco tutt’intorno e da altre piante isolate, incredibili piccoli arbusti che crescono nonostante il clima rude, il freddo, il vento, la neve.<br /></span><br /><a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfELjz5stPI/AAAAAAAAAgY/TGG5Pe4bEp8/s1600-h/bosco_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5039822167859836146" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RfELjz5stPI/AAAAAAAAAgY/TGG5Pe4bEp8/s400/bosco_web.jpg" border="0" /></a><br /><em><span style="color:#666666;">Sabrina</span></em><br /><div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-61873746883037991312007-03-06T08:25:00.000+01:002007-03-06T08:29:31.330+01:00Alla deriva. Lago Argentino, Santa Cruz<span style="font-size:78%;color:#ffffff;">.</span><br /><a href="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Re0XlD-3EdI/AAAAAAAAAfo/ppCvqOWd88Y/s1600-h/icerberg_web.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5038709483589013970" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp2.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Re0XlD-3EdI/AAAAAAAAAfo/ppCvqOWd88Y/s400/icerberg_web.jpg" border="0" /></a><br /><div><span style="color:#336666;">“Dalla gente del Sud del mondo ho imparato che la tenerezza bisogna proteggerla con la durezza e che il dolore non può paralizzarci.”</span></div><div><span style="color:#336666;"><blockquote><span style="color:#336666;"></span></blockquote></span><span style="font-size:85%;color:#666666;">Sepulveda, <em>Le rose di Atacama</em></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-35955781122785482952007-03-01T08:17:00.000+01:002007-03-01T08:30:05.151+01:00Il cuore nel mare - Ushuaia - Terra del Fuoco<a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/ReZ-TaczHwI/AAAAAAAAAd8/IxaThBF2pdk/s1600-h/relitto.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5036852105243205378" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/ReZ-TaczHwI/AAAAAAAAAd8/IxaThBF2pdk/s400/relitto.jpg" border="0" /></a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-37264160495815021822007-03-01T08:14:00.000+01:002007-03-01T10:30:47.676+01:00Il Faro di Jules Verne - Porto S. Juan de Salvamento - Terra del Fuoco<div align="justify"><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/ReZ9aKczHvI/AAAAAAAAAdw/3xCLNHVRy_0/s1600-h/faro.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5036851121695694578" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/ReZ9aKczHvI/AAAAAAAAAdw/3xCLNHVRy_0/s400/faro.jpg" border="0" /></a>In una conca racchiusa tra le cime innevate delle Ande fuegine, affacciata sul <em>Canale Beagle</em>, Ushuaia è l’ultimo avamposto della civiltà prima dell’Antartide. </div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-70769011128734145722007-02-23T11:35:00.001+01:002012-01-05T09:08:00.508+01:00Il cuore in Patagonia<div align="justify"><span style="color:#336666;">A volte si è affranti, per come tanti luoghi con il passare del tempo siano rimasti stravolti dal turismo. Ma non è proprio così, le folle si accalcano sempre negli stessi posti, lì dove ci sono cose attraenti: grandi alberghi, negozi, fast food e altri confort per l'uomo moderno. </span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;">Perchè spesso basta svoltare l'angolo, allontanarsi un pò, per ritrovare il silenzio e la solitudine (questo vale in capo al mondo quanto nelle nostre località). Certo, alle latitudini della Terra del Fuoco, svoltare l'angolo vuol dire davvero wilderness! </span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"><blockquote><span style="color:#336666;"></span></blockquote>Ma le sensazioni e le emozioni non si possono catalogare, mettere in fila, etichettare; non hanno un punto di inizio ne una fine... ed allora si mescolano, si confondono, si sovrappongono, prima e dopo "un viaggio".... e così il viaggio inizia prima, molto prima di chiudersi la porta di casa dietro le spalle. Il viaggio ha inizio e prosegue nella testa, lo vivi prima ancora di effettuarlo. Il viaggio ha un "senso" diverso, se sai viaggiare con la mente. </span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"><blockquote><span style="color:#336666;"></span></blockquote>Entrare in sintonia con un luogo, con una cultura, con tradizioni e costumi diversi è semplicemente un fatto di emozioni. C'è un flusso di vibrazioni scambiate con la realtà che ci circonda, sempre, in ogni momento: riceviamo e a nostra volta emettiamo vibrazioni. La realtà, così come la percepiamo, è una somma di ciò che noi esprimiamo ed impressioni che ne riceviamo. </span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"><br />Così è nel viaggio</span>. <blockquote></blockquote><span style="font-size:85%;color:#666666;"><em>Giancarlo</em></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-28817182851727608052007-02-23T08:21:00.001+01:002012-01-05T09:07:01.228+01:00Fin del mundo<div align="justify"></div><div align="justify"><a href="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6W7bu2U7I/AAAAAAAAAao/jJOTkPOTh2c/s1600-h/fin_del_mundo.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5034627381247497138" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp3.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6W7bu2U7I/AAAAAAAAAao/jJOTkPOTh2c/s400/fin_del_mundo.jpg" border="0" /></a><span style="color:#336666;"></span></div><div align="justify"><span style="color:#336666;"><blockquote><span style="color:#336666;"></span></blockquote><blockquote><span style="color:#336666;"></span></blockquote></span></div><div align="justify"></div><div align="justify"><blockquote></blockquote><span style="color:#336666;">“Ho lasciato Buenos Aires e sto finalmente arrivando nella città più australe del mondo.. <em>la fine del mondo</em>. L’aereo fa un rumore da paura; guardo una carta geografica e cerco di capire dove sto andando. Veramente sarà "la fine del mondo"? Mi guardo intorno: i posti sono al completo e dai visi delle persone traspare che quasi tutti sono turisti. Credo di essere una delle poche con scarponi e zaino al seguito. Questo viaggio non mi convince: non ho voglia di grandi alberghi e tour operator. Speriamo bene.<br /></span></div><div align="justify"></div><div align="justify"><br /></div><div align="justify"></div><div align="justify"><br /></div><div align="justify"><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6Wzru2U6I/AAAAAAAAAag/HOMGXUByIiw/s1600-h/Parco.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5034627248103510946" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6Wzru2U6I/AAAAAAAAAag/HOMGXUByIiw/s400/Parco.jpg" border="0" /></a><br /><br /><span style="color:#336666;">-“<em>Mi aspettavo un freddo polare ma cosi non è, anzi si sta decisamente bene</em>.”- Ma il giorno dopo avrei sperimentato la differenza tra una giornata ventosa ed una no!<br />Di primo acchito <strong>Ushuaia</strong> delude, è una città senza una identità precisa: turisti dappertutto, negozi allineati lungo l’unica via, come nei nostri posti di mare in estate, solo che qui si è nella punta estrema del mondo. Poi pian piano scopro come è nata la città, la sua storia e quella della colonia penale che qui aveva dimora.<br /></span><br /><br /><br /><a href="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6Wo7u2U5I/AAAAAAAAAaY/05ZBuWnz7Hc/s1600-h/tronchi.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5034627063419917202" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6Wo7u2U5I/AAAAAAAAAaY/05ZBuWnz7Hc/s400/tronchi.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#336666;">Visito il Parco Nazionale Tierra del Fuego arrancando dietro la guida ed incredibilmente ad ogni passo non faccio che domandarmi -“<em>Ma in Patagonia ci sono gli alberi</em>?!”-. Eh già, perchè la mia immagine della Patagonia era solo arbusti bassi, erba e pecore. Invece intorno a me c’è un mondo di alberi, baie, acqua e animali, che so che ci sono ma non riesco a scorgere nel bosco.<br /></span><br /><br /><br /><br /><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6Wfru2U4I/AAAAAAAAAaQ/18E_L1nyYdI/s1600-h/tronchi_2.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5034626904506127234" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6Wfru2U4I/AAAAAAAAAaQ/18E_L1nyYdI/s400/tronchi_2.jpg" border="0" /></a><br /><span style="color:#336666;">Solo quando lascio andare la mente, senza pensare a dove sono e a come ci sono arrivata -perché quando nei tuoi sogni d’avventura pensi di arrivare in un luogo, è in treno, a piedi, insomma con certo impegno!-, allora sì, sento di essere… alla <em>fine del mondo</em>. </span><br /><span style="color:#336666;">Cammino, cammino soltanto in mezzo al bosco e ne avverto la fatica.”</span><br /><div></div><div></div><div></div><br /><blockquote></blockquote><blockquote><span style="font-size:85%;color:#666666;">Sabrina Gerbino<br /></span></blockquote><br /><div><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6WTru2U3I/AAAAAAAAAaI/c_IpPF9NOIQ/s1600-h/sottobosco.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5034626698347697010" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6WTru2U3I/AAAAAAAAAaI/c_IpPF9NOIQ/s400/sottobosco.jpg" border="0" /></a><br /><div></div><div></div><div></div><br /><div><a href="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6WJru2U2I/AAAAAAAAAaA/N-Zk-xkpAQs/s1600-h/Iguana.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5034626526549005154" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp0.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd6WJru2U2I/AAAAAAAAAaA/N-Zk-xkpAQs/s400/Iguana.jpg" border="0" /></a> </div></div><br /></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-71170558835401548892007-02-22T08:26:00.001+01:002012-01-05T09:05:19.220+01:00Solitudini australi<div align="justify"><span style="color:#336666;">Rileggo un passo di un’opera di Erick Fromm -“(…) <em><span style="color:#666666;">il senso di solitudine, d'impotenza di fronte alle forze della natura e della società, possono rendergli insopportabile l'esistenza. Diventerebbe pazzo se non riuscisse a rompere l'isolamento, a unirsi agli altri uomini, al mondo esterno.<br />Il senso di solitudine provoca l'ansia, anzi è l'origine di ogni ansia. Essere soli significa essere indifesi, incapaci di penetrare attivamente nel mondo che ci circonda.<br />Questo profondo bisogno dell'uomo dunque, è il bisogno di superare l'isolamento, di evadere dalla prigione della propria solitudine.<br />L'impossibilità di raggiungere questo scopo porta alla pazzia</span></em>.”-<br /><br />Eppure vi sono uomini… e donne, che paradossalmente cercano questo isolamento, questa solitudine così dirompente. Nel loro animo c’è una smania di uscire proprio dal mondo, dal contesto conosciuto, dal ritmo di vita imposto dalla società. Un bisogno impellente che a volte può trovare giustificazione solo in un richiamo ancestrale di spazi incontaminati ed orizzonti sconfinati. In questo essi cercano di seppellire tutto ciò che li lega al proprio passato e ad ogni legame sociale ed umano, arrivando a volte ad abbracciare uno stile di vita selvaggio, nell’accezione più ampia del termine, in luoghi inospitali e desolati.<br /><br />Non ci sono più terre inesplorate sul globo, oggi che un aereo o un cavo telefonico possono proiettarci in tempi brevissimi, proprio in quei luoghi che fino a pochi decenni fa potevano essere raggiunti solo con lunghi viaggi e mille peripezie.<br />Eppure vi sono luoghi che, nonostante l’urbanizzazione del terzo millennio, mantengono inalterati o quasi il loro carattere di <em>terre di confine</em>; paesi dove gli spazi sono così sconfinati o difficilmente addomesticabili, che è possibile ancora chiudersi una porta alle spalle ed entrare in un’altra dimensione. Per alcuni è propriamente materiale, per altri spirituale.<br />Una dimensione sulle tracce di esploratori, cercatori d’oro, missionari, avventurieri, banditi o più semplicemente uomini in cerca di oblio o in fuga da qualcosa, spesso solo da se stessi e dalla loro vita.<br /><br />Nel tempo, alcuni luoghi più di altri, hanno esercitato una sorta di malia fino al punto da diventare leggendari, smettere di essere luoghi fisici per acquistare nell’immaginario collettivo la personificazione di <em>ultima frontiera</em>: un luogo dove “perdersi” o “ritrovarsi”. Tra questi, alcune regioni dell’Africa e dell’Asia, l’outback australiano, la Patagonia; terre che hanno prodotto un incantesimo così forte su chi nel tempo vi ha messo piede, da costituire un richiamo irresistibile da cui non è più possibile staccarsi.<br /><br />-"<em><span style="color:#666666;">La Patagonia! È un'amante difficile. Lancia il suo incantesimo. Un'ammaliatrice! Ti stringe nelle sue braccia e non ti lascia più</span></em>."-<br />Questo scriveva Bruce Chatwin in uno dei suoi libri più amati, aprendo così le porte a cento, mille altri viaggiatori: gente “dannata” alla ricerca di un ultimo <em>Eldorado</em> per l’uomo moderno o semplici turisti.<br />Ma quanta gente prima di lui, sconosciuta ai più, ha percorso le stesse <em>carretere</em> che si perdono nell’erba alta della pampa, calpestato le rive di lagune solitarie o bivaccato tra i boschi di faggio davanti ai seracchi di immensi ghiacciai?<br />La Patagonia ingoia tutto e non restituisce nulla, a volte solo storie e leggende, ricordi o antiche memorie che parlano di fame, paure, angosce e amori perduti, di cui <em>Francisco Coloane</em> e <em>Luis Sepulveda</em> sono mirabili cantastorie.<br /><br />Nel sibilo incessante del vento che piega il mare d’erba, corrono i lamenti di uomini ed animali, uniti qui dalla stessa disumana solitudine. La malinconia canta su una chitarra le sue note struggenti, che nella notte non sai da dove vengono ne dove vanno. Proprio come gli uomini.</span></div><br /><div align="justify"><span style="color:#336666;"></span></div><br /><span style="font-size:85%;color:#666666;"><em>Giancarlo</em></span><br /><br /><div align="center"><a href="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd1JlLu2U0I/AAAAAAAAAZg/kJX2NY3OeQs/s1600-h/pampa.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5034260861623358274" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/Rd1JlLu2U0I/AAAAAAAAAZg/kJX2NY3OeQs/s400/pampa.jpg" border="0" /></a><br /></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1100238240864057482.post-17854429600657478632007-02-19T08:19:00.000+01:002007-02-19T10:42:03.550+01:00El viaje<div align="justify"><span style="color:#336666;">Quando percorriamo un <em>sentiero</em> -non necessariamente quando siamo in viaggio-, ci sono cose che più di altre ci colpiscono e ci restano dentro, che non si possono raccontare ne descrivere. Impossibile condividerle con gli altri, sono troppo personali nella varietà di ciò che esprimono.</span></div><span style="color:#336666;"><div align="justify"><br /></span><span style="color:#336666;">La parte più profonda di un'esperienza sono le emozioni e le vibrazioni che riceviamo; continuano ad accompagnarci nel tempo anche quando le immagini che conserviamo di essa si sbiadiscono pian piano. Basta un suono, un odore, una luce, una sensazione inattesa, per riportarle a galla e ritrovare quella stessa atmosfera.</span></div><span style="color:#336666;"><div align="justify"><br />Ma l'esperienza di un <em>Viaggio</em> può spingersi oltre: può cambiarti; può cambiarti nell'anima, può cambiarti la vita. In particolar modo quando questa esperienza la vivi in solitudine o, come sarebbe più giusto dire, <em>in solitaria</em>.</div><div align="justify"><br />Se hai la forza o l'opportunità di vivere da solo un viaggio fisico, come un viaggio interiore, sai bene che ben poco di questa esperienza potrai condividere con gli altri. Certo ci sono le parole, le immagini, c'è la penna od un pennello pronti a descrivere, ma quello che potrai fermare di quel turbinio di visioni, è solo la punta di un iceberg. La parte sommersa non si vede mai.</div><div align="justify"><br />Mi piace qui ricordare, ancora una volta, un pensiero di Shopenauer: "<em>I pensieri messi per iscritto non sono nulla di più che la traccia di un viandante nella sabbia: si vede bene che strada ha preso, ma per sapere che cosa ha visto durante il cammino bisogna far uso dei suoi occhi</em>." <blockquote></blockquote></span><span style="font-size:85%;color:#999999;"><em>Giancarlo</em></span></div><br /><br /><br /><a href="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RdlPuLu2UmI/AAAAAAAAAXA/2C5RTl1pqfQ/s1600-h/argentina_map.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5033141713405104738" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://bp1.blogger.com/_shLae1mf6TQ/RdlPuLu2UmI/AAAAAAAAAXA/2C5RTl1pqfQ/s400/argentina_map.jpg" border="0" /></a>Unknownnoreply@blogger.com0